Il carnevale e continuazione Enciclica "Fratelli tutti" di Papa Francesco - (2)
- Sara Hoban
- 20 feb 2021
- Tempo di lettura: 14 min
Aggiornamento: 6 apr 2021
Buongiorno! Buon martedì dopo Pasqua e Pasquetta a tutti! Ho scritto quest'articolo parecchio tempo fa, dopo il Carnevale e mi dispiaceva non pubblicarlo. Quindi lo pubblico ora, anche se in grave ritardo.....abbiate pazienza....
Ebbene si, anche il Carnevale è passato....In sordina, silenzioso, con immagini delle edizioni passate, qualche immagine solitaria di quest'anno. Ciò che mi è rimasto del Carnevale sono i coriandoli che alcune mascherine hanno gettato sul mio vialetto di casa....poi, per martedì grasso ho preso fuori dal baule la mia parrucca fucsia carnevalesca preferita, ho acceso la musica: Carlos Santana e ho fato un po' di "carnevale casalingo": due stelle filanti e due balletti..... quest'anno non ho fatto i consueti dolci: le frittelle di carnevale ripiene di uva sultanina o di crema e i crostoli.... va be, dai! Ci rifaremo negli anni futuri! Ho cercato in rete le origini del Carnevale e ho trovato diverse cose interessanti che riporto qui sotto. Della Pasqua ne parlerò nel prossimo articolo!
Tratto da Wikipedia
Secondo la più accreditata interpretazione la parola 'carnevale' deriverebbe dal latino carnem levare ("eliminare la carne"), poiché indicava il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di Carnevale (Martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima. In alternativa si è ipotizzato che il termine possa invece aver tratto origine dall'espressione latina carne levamen (avente l'analogo significato di "eliminazione della carne"), oppure dalla parola carnualia ("giochi campagnoli") o ancora dalla locuzione carrus navalis ("nave su ruote", quale esempio di carro carnevalesco) se non addirittura da currus navalis ("corteo navale"), usanza di origine pagana e occasionalmente sopravvissuta fino al XVIII secolo tra i festeggiamenti del periodo.

Parata di carnevale
Le prime testimonianze dell'uso del vocabolo "carnevale" (detto anche "carnevalo") vengono dai testi del giullare Matazone da Caligano alla fine del XIII secolo e del novelliere Giovanni Sercambi verso il 1400.
I festeggiamenti maggiori avvengono il Giovedì grasso e il Martedì grasso, ossia l'ultimo giovedì e l'ultimo martedì prima dell'inizio della Quaresima. In particolare il Martedì grasso è il giorno di chiusura dei festeggiamenti carnevaleschi, dato che la Quaresima nel rito romano inizia con il Mercoledì delle ceneri.
Le origini del carnevale sono molto antiche, forse derivano dalle Dionisiache greche e dalle Saturnali romane in cui l'ordine prestabilito si rovesciava e i re servivano gli schiavi, regnavano lo scherzo e la dissolutezza. "Semel in anno licet insanire" diceva il mio professore di greco e latino Dragotin Butkovič al ginnasio e si riferiva al carnevale.
Durante il carnevale ci si maschera per non farsi riconoscere. La maschera è un simbolo arcaico, usata nel teatro greco, ma anche prima, dagli sciamani delle steppe della Mongolia e Russia. Nel momento in cui ti mascheri, non sei più te stesso. Diventi, appunto, la maschera! Lo sciamano, mascherandosi acquisiva poteri magici e poteva operare guarigioni miracolose. Nei tempi antichi il mascheramento assumeva significati importanti. Ci si mascherava per andare a combattere e incutere paura al nemico, ci si mascherava come gli sciamani, per operare guarigioni, ci si mascherava per fare i rituali magici.
Poi, a proposito di maschere, in Italia arriva la Commedia dell'Arte e con la Commedia i Teatri e gli spettacoli a pagamento; Arlecchino, Pulcinella, Pedrolino (poi trasformatosi in Pierrot) e qui potrei aprire un nuovo capitolo senza fine......
Il carnevale di oggi ha altre caratteristiche da quello di una volta. Al giorno d'oggi i carri allegorici mettono in risalto soprattutto la politica, sbeffeggiandola. Sono costruiti da abili maestri artigiani in cartapesta e alcuni sono delle vere opere d'arte!
Il carnevale più conosciuto in Italia è quello di Viareggio con una sfilata di carri allegorici importante, segue quello di Venezia, molto suggestivo! Nel Friuli è conosciuto il carnevale di Muggia e ultimamente ha preso piede nelle nostre zone anche il carnevale di Savogna d'Isonzo (GO) con una moltitudine di carri allegorici e presenze!
In Europa è molto conosciuto il carnevale di Colonia/Koln (Germania). Ogni anno tre persone il (Dreigestirn o triumvirato) ottengono i titoli di Jungfrau, Prinz e Bauer (fanciulla, principe e contadino rispettivamente), che pagano una grande somma di denaro per ottenere i privilegi. Il principe carnevalesco è considerato il più alto rappresentante dei festeggiamenti, e guida le principali sfilate per tutta la settimana. Tradizionalmente, la Jungfrau ("fanciulla") è sempre interpretata da un uomo vestito da donna. Come entità, il trio esiste dal 1883. In passato si trattava di singoli personaggi, ma tutti e tre entrarono nel carnevale di Colonia negli anni 1820.

Il triumvirato nel carnevale di Colonia/Koln
Nel mondo, il carnevale più conosciuto è quello di Rio, a Rio de Janeiro in Brasile! I quartieri della città detti blocos sfilano per la città. I blocos oggi sono parte integrante della festa a Rio: vi sono più di 100 gruppi con usi e tradizioni diversi, e ogni anno il numero cresce. Alcuni sono numerosi, altri più piccoli; alcuni sfilano per le strade in formazione, altri stanno nello stesso posto.

Parata di carnevale a Rio de Janeiro
Ogni bloco ha un posto o una strada in cui festeggiare, e per i più grandi le strade vengono chiuse al traffico. I festeggiamenti cominciano da gennaio e durano fino al termine del carnevale, con gruppi di persone che ballano il samba nel weekend agli angoli delle strade. Solitamente i festeggiamenti avvengono di giorno, o alla fine dell'orario lavorativo.
Il carnevale di quest'anno non è stato festeggiato come gli anni precedenti causa Covid 19. La macchina carnevalesca si è fermata, si è presa un anno di riposo con grande sollievo per la terra: meno inquinamenti, meno stress, meno viaggi - un bell'alleggerimento anche per il campo eterico terreste! Non dobbiamo dimenticare che la terra è un organismo vivente e ne risente di tutti i nostri comportamenti sulla sua superficie, anche di quelli emotivi.
Ebbene, il carnevale è alle nostre spalle e ora proseguo con la continuazione dell'enciclica di Papa Francesco Fratelli tutti (dal capoverso 21 al capoverso 40).
Buona lettura!
21. Ci sono regole economiche che sono risultate efficaci per la crescita, ma non altrettanto per lo sviluppo umano integrale. È aumentata la ricchezza, ma senza equità, e così ciò che accade è che «nascono nuove povertà». Quando si dice che il mondo moderno ha ridotto la povertà, lo si fa misurandola con criteri di altre epoche non paragonabili con la realtà attuale. Infatti, in altri tempi, per esempio, non avere accesso all’energia elettrica non era considerato un segno di povertà e non era motivo di grave disagio. La povertà si analizza e si intende sempre nel contesto delle possibilità reali di un momento storico concreto.
Diritti umani non sufficientemente universali
22. Molte volte si constata che, di fatto, i diritti umani non sono uguali per tutti. Il rispetto di tali diritti «è condizione preliminare per lo stesso sviluppo sociale ed economico di un Paese. Quando la dignità dell’uomo viene rispettata e i suoi diritti vengono riconosciuti e garantiti, fioriscono anche la creatività e l’intraprendenza e la personalità umana può dispiegare le sue molteplici iniziative a favore del bene comune». Ma «osservando con attenzione le nostre società contemporanee, si riscontrano numerose contraddizioni che inducono a chiederci se davvero l’eguale dignità di tutti gli esseri umani, solennemente proclamata 70 anni or sono, sia riconosciuta, rispettata, protetta e promossa in ogni circostanza. Persistono oggi nel mondo numerose forme di ingiustizia, nutrite da visioni antropologiche riduttive e da un modello economico fondato sul profitto, che non esita a sfruttare, a scartare e perfino ad uccidere l’uomo. Mentre una parte dell’umanità vive nell’opulenza, un’altra parte vede la propria dignità disconosciuta, disprezzata o calpestata e i suoi diritti fondamentali ignorati o violati». Che cosa dice questo riguardo all’uguaglianza di diritti fondata sulla medesima dignità umana?
23. Analogamente, l’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà gridano un altro messaggio. È un fatto che «doppiamente povere sono le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti».
24. Riconosciamo ugualmente che, «malgrado la comunità internazionale abbia adottato numerosi accordi al fine di porre un termine alla schiavitù in tutte le sue forme e avviato diverse strategie per combattere questo fenomeno, ancora oggi milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età – vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù. […]

Sfruttamento di bambini
Oggi come ieri, alla radice della schiavitù si trova una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come un oggetto. […] La persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, con la forza, l’inganno o la costrizione fisica o psicologica viene privata della libertà, mercificata, ridotta a proprietà di qualcuno; viene trattata come un mezzo e non come un fine».

Schiavi moderni
Le reti criminali «utilizzano abilmente le moderne tecnologie informatiche per adescare giovani e giovanissimi in ogni parte del mondo». L’aberrazione non ha limiti quando si assoggettano donne, poi forzate ad abortire. Un atto abominevole che arriva addirittura al sequestro delle persone allo scopo di vendere i loro organi. Tutto ciò fa sì che la tratta di persone e altre forme di schiavitù diventino un problema mondiale, che esige di essere preso sul serio dall’umanità nel suo insieme, perché «come le organizzazioni criminali utilizzano reti globali per raggiungere i loro scopi, così l’azione per sconfiggere questo fenomeno richiede uno sforzo comune e altrettanto globale da parte dei diversi attori che compongono la società».

Schiavitù moderna
Conflitto e paura
25. Guerre, attentati, persecuzioni per motivi razziali o religiosi, e tanti soprusi contro la dignità umana vengono giudicati in modi diversi a seconda che convengano o meno a determinati interessi, essenzialmente economici. Ciò che è vero quando conviene a un potente, cessa di esserlo quando non è nel suo interesse. Tali situazioni di violenza vanno «moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una “terza guerra mondiale a pezzi”».

26. Questo non stupisce se notiamo la mancanza di orizzonti in grado di farci convergere in unità, perché in ogni guerra ciò che risulta distrutto è «lo stesso progetto di fratellanza, inscritto nella vocazione della famiglia umana», per cui «ogni situazione di minaccia alimenta la sfiducia e il ripiegamento». Così, il nostro mondo avanza in una dicotomia senza senso, con la pretesa di «garantire la stabilità e la pace sulla base di una falsa sicurezza supportata da una mentalità di paura e sfiducia».
27. Paradossalmente, ci sono paure ancestrali che non sono state superate dal progresso tecnologico; anzi, hanno saputo nascondersi e potenziarsi dietro nuove tecnologie. Anche oggi, dietro le mura dell’antica città c’è l’abisso, il territorio dell’ignoto, il deserto. Ciò che proviene di là non è affidabile, perché non è conosciuto, non è familiare, non appartiene al villaggio. È il territorio di ciò che è “barbaro”, da cui bisogna difendersi ad ogni costo.

Il muro in Israele
Di conseguenza si creano nuove barriere di autodifesa, così che non esiste più il mondo ed esiste unicamente il “mio” mondo, fino al punto che molti non vengono più considerati esseri umani con una dignità inalienabile e diventano semplicemente “quelli”. Riappare «la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare i muri, muri nel cuore, muri nella terra per impedire questo incontro con altre culture, con altra gente. E chi alza un muro, chi costruisce un muro finirà schiavo dentro ai muri che ha costruito, senza orizzonti. Perché gli manca questa alterità».

Il muro in Israele
28. La solitudine, le paure e l’insicurezza di tante persone, che si sentono abbandonate dal sistema, fanno sì che si vada creando un terreno fertile per le mafie. Queste infatti si impongono presentandosi come “protettrici” dei dimenticati, spesso mediante vari tipi di aiuto, mentre perseguono i loro interessi criminali. C’è una pedagogia tipicamente mafiosa che, con un falso spirito comunitario, crea legami di dipendenza e di subordinazione dai quali è molto difficile liberarsi.
Globalizzazione e progresso senza una rotta comune.
29. Con il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb non ignoriamo gli sviluppi positivi avvenuti nella scienza, nella tecnologia, nella medicina, nell’industria e nel benessere, soprattutto nei Paesi sviluppati. Ciò nonostante, «sottolineiamo che, insieme a tali progressi storici, grandi e apprezzati, si verifica un deterioramento dell’etica, che condiziona l’agire internazionale, e un indebolimento dei valori spirituali e del senso di responsabilità. Tutto ciò contribuisce a diffondere una sensazione generale di frustrazione, di solitudine e di disperazione […]. Nascono focolai di tensione e si accumulano armi e munizioni, in una situazione mondiale dominata dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllata dagli interessi economici miopi». Segnaliamo altresì «le forti crisi politiche, l’ingiustizia e la mancanza di una distribuzione equa delle risorse naturali. […] Nei confronti di tali crisi che portano a morire di fame milioni di bambini, già ridotti a scheletri umani – a motivo della povertà e della fame –, regna un silenzio internazionale inaccettabile». Davanti a questo panorama, benché ci attraggano molti progressi, non riscontriamo una rotta veramente umana.
30. Nel mondo attuale i sentimenti di appartenenza a una medesima umanità si indeboliscono, mentre il sogno di costruire insieme la giustizia e la pace sembra un’utopia di altri tempi. Vediamo come domina un’indifferenza di comodo, fredda e globalizzata, figlia di una profonda disillusione che si cela dietro l’inganno di una illusione: credere che possiamo essere onnipotenti e dimenticare che siamo tutti sulla stessa barca. Questo disinganno, che lascia indietro i grandi valori fraterni, conduce «a una sorta di cinismo. Questa è la tentazione che noi abbiamo davanti, se andiamo per questa strada della disillusione o della delusione. […] L’isolamento e la chiusura in 8 se stessi o nei propri interessi non sono mai la via per ridare speranza e operare un rinnovamento, ma è la vicinanza, è la cultura dell’incontro. L’isolamento, no; vicinanza, sì. Cultura dello scontro, no; cultura dell’incontro, sì».

.....cultura dell'incontro....
31. In questo mondo che corre senza una rotta comune, si respira un’atmosfera in cui «la distanza fra l’ossessione per il proprio benessere e la felicità dell’umanità condivisa sembra allargarsi: sino a far pensare che fra il singolo e la comunità umana sia ormai in corso un vero e proprio scisma. […] Perché una cosa è sentirsi costretti a vivere insieme, altra cosa è apprezzare la ricchezza e la bellezza dei semi di vita comune che devono essere cercati e coltivati insieme». La tecnologia fa progressi continui, ma «come sarebbe bello se alla crescita delle innovazioni scientifiche e tecnologiche corrispondesse anche una sempre maggiore equità e inclusione sociale! Come sarebbe bello se, mentre scopriamo nuovi pianeti lontani, riscoprissimo i bisogni del fratello e della sorella che mi orbitano attorno!».

Fratellanza e sorellanza mondiali!
Le pandemie e altri flagelli della storia
32. Una tragedia globale come la pandemia del Covid-19 ha effettivamente suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti. Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme. Per questo ho detto che «la tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. […] Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli».
33. Il mondo avanzava implacabilmente verso un’economia che, utilizzando i progressi tecnologici, cercava di ridurre i “costi umani”, e qualcuno pretendeva di farci credere che bastava la libertà di mercato perché tutto si potesse considerare sicuro. Ma il colpo duro e inaspettato di questa pandemia fuori controllo ha obbligato per forza a pensare agli esseri umani, a tutti, più che al beneficio di alcuni. Oggi possiamo riconoscere che «ci siamo nutriti con sogni di splendore e grandezza e abbiamo finito per mangiare distrazione, chiusura e solitudine; ci siamo ingozzati di connessioni e abbiamo perso il gusto della fraternità. Abbiamo cercato il risultato rapido e sicuro e ci troviamo oppressi dall’impazienza e dall’ansia. Prigionieri della virtualità, abbiamo perso il gusto e il sapore della realtà». Il dolore, l’incertezza, il timore e la consapevolezza dei propri limiti che la pandemia ha suscitato, fanno risuonare l’appello a ripensare i nostri stili di vita, le nostre relazioni, l’organizzazione delle nostre società e soprattutto il senso della nostra esistenza.
34. Se tutto è connesso, è difficile pensare che questo disastro mondiale non sia in rapporto con il nostro modo di porci rispetto alla realtà, pretendendo di essere padroni assoluti della propria vita e di tutto ciò che esiste. Non voglio dire che si tratta di una sorta di castigo divino. E neppure basterebbe affermare che il danno causato alla natura alla fine chiede il conto dei nostri soprusi. È la realtà stessa che geme e si ribella. Viene alla mente il celebre verso del poeta Virgilio che evoca le lacrimevoli vicende umane.

Tutto è connesso
35. Velocemente però dimentichiamo le lezioni della storia, «maestra di vita». Passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di auto-protezione egoistica. Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi”. Che non sia stato l’ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare. Che non ci dimentichiamo degli anziani morti per mancanza di respiratori, in parte come effetto di sistemi sanitari smantellati anno dopo anno. Che un così grande dolore non sia inutile, che facciamo un salto verso un nuovo modo di vivere e scopriamo una volta per tutte che abbiamo bisogno e siamo debitori gli uni degli altri, affinché l’umanità rinasca con tutti i volti, tutte le mani e tutte le voci, al di là delle frontiere che abbiamo creato.
36. Se non riusciamo a recuperare la passione condivisa per una comunità di appartenenza e di solidarietà, alla quale destinare tempo, impegno e beni, l’illusione globale che ci inganna crollerà rovinosamente e lascerà molti in preda alla nausea e al vuoto. Inoltre, non si dovrebbe ingenuamente ignorare che «l’ossessione per uno stile di vita consumistico, soprattutto quando solo pochi possono sostenerlo, potrà provocare soltanto violenza e distruzione reciproca». Il “si salvi chi può” si tradurrà rapidamente nel “tutti contro tutti”, e questo sarà peggio di una pandemia.
Senza dignità umana sulle frontiere
37. Tanto da alcuni regimi politici populisti quanto da posizioni economiche liberali, si sostiene che occorre evitare ad ogni costo l’arrivo di persone migranti. Al tempo stesso si argomenta che conviene limitare l’aiuto ai Paesi poveri, così che tocchino il fondo e decidano di adottare misure di austerità. Non ci si rende conto che, dietro queste affermazioni astratte difficili da sostenere, ci sono tante vite lacerate. Molti fuggono dalla guerra, da persecuzioni, da catastrofi naturali. Altri, con pieno diritto, sono «alla ricerca di opportunità per sé e per la propria famiglia. Sognano un futuro migliore e desiderano creare le condizioni perché si realizzi».

Migrazioni
38. Purtroppo, altri sono «attirati dalla cultura occidentale, nutrendo talvolta aspettative irrealistiche che li espongono a pesanti delusioni. Trafficanti senza scrupolo, spesso legati ai cartelli della droga e delle armi, sfruttano la debolezza dei migranti, che lungo il loro percorso troppo spesso incontrano la violenza, la tratta, l’abuso psicologico e anche fisico, e sofferenze indicibili». Coloro che emigrano «sperimentano la separazione dal proprio contesto di origine e spesso anche uno sradicamento culturale e religioso. La frattura riguarda anche le comunità di origine, che perdono gli elementi più vigorosi e intraprendenti, e le famiglie, in particolare quando migra uno o entrambi i genitori, lasciando i figli nel Paese di origine». Di conseguenza, «va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra».
39. Per giunta, «in alcuni Paesi di arrivo, i fenomeni migratori suscitano allarme e paure, spesso fomentate e sfruttate a fini politici. Si diffonde così una mentalità xenofoba, di chiusura e di ripiegamento su se stessi». I migranti vengono considerati non abbastanza degni di partecipare alla vita sociale come qualsiasi altro, e si dimentica che possiedono la stessa intrinseca dignità di qualunque persona. Pertanto, devono essere “protagonisti del proprio riscatto”. Non si dirà mai che non sono umani, però in pratica, con le decisioni e il modo di trattarli, si manifesta che li si considera di minor valore, meno importanti, meno umani. È inaccettabile che i cristiani condividano questa mentalità e questi atteggiamenti, facendo a volte prevalere certe preferenze politiche piuttosto che profonde convinzioni della propria fede: l’inalienabile dignità di ogni persona umana al di là dell’origine, del colore o della religione, e la legge suprema dell’amore fraterno.
40. «Le migrazioni costituiranno un elemento fondante del futuro del mondo». Ma oggi esse risentono di una «perdita di quel senso della responsabilità fraterna, su cui si basa ogni società civile». L’Europa, ad esempio, rischia seriamente di andare per questa strada. Tuttavia, «aiutata dal suo grande patrimonio culturale e religioso, ha gli strumenti per difendere la centralità della persona umana e per trovare il giusto equilibrio fra il duplice dovere morale di tutelare i diritti dei propri cittadini e quello di garantire l’assistenza e l’accoglienza dei migranti».

Carissimi! Perdonatemi per i miei ritardi.... faccio quello che posso. Vorrei avere il potere di bi-tri-quadri locazione come i santi, ma per ora non ci riesco! Prossimo articolo: "Pasqua e continuazione dell'Enciclica "Fratelli tutti" di Papa Francesco!"
Createvi una splendida settimana, ringraziate per ciò che avete, per ciò che siete e nutritevi di cose belle, circondatevi di persone amabili, chiamate a voi gli Esseri di Luce che vi stiano accanto anche nei momenti più bui, abbiate fede e vedrete che le cose si metteranno a volgere al meglio!
Ciao!

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