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2° lunedì del mese (novembre) – Musicoterapia – Loredana Civita – Mt e anziani ai tempi del COVID

Aggiornamento: 10 nov 2020

Buongiorno a tutti! Buon lunedì, buon inizio di settimana!


Oggi voglio presentarvi Loredana Civita, musicoterapista, amica dai tempi dello studio di musicoterapia a Udine (dal 2002 in poi), e in seguito compagna durante i “livelli Benenzon di musicoterapia” fatti tra Udine e Trieste a cura dell’Associazione A.r.te.m. – Il flauto magico di Udine. Loredana si occupa di persone anziane dall’anno 1999, quando è stata assunta presso una casa di riposo per anziani a Trieste quale animatrice.


Loredana Civita


Prima di scrivere di Loredana, volevo condividere con voi le difficoltà di esercitare il nostro mestiere di musicoterapeuti nelle strutture per persone anziane. Personalmente è dalla fine di febbraio che non metto più piede in queste strutture, causa COVID 19, nonostante abbia in piedi dei progetti di musicoterapia iniziati nel mese di gennaio di quest’anno, poi interrotti bruscamente e non ancora ripresi. Si ipotizzava di proporre musicoterapia a distanza, attraverso schermi giganti e amplificatori, ma considerando che le persone che fruiscono le sedute sono donne anziane da 85 anni in su, tra cui molte ultranovantenni, abbiamo accantonato quest’idea. Per loro sarebbe stato difficile, anzi, impossibile, seguire gli incontri attraverso lo schermo. Però le politiche delle case di riposo sono molto rigide, causa le gravissime situazioni che si sono vissute nella primavera di quest’ anno in questi luoghi, specialmente in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Molto è stato scritto sui media della situazione degli anziani che non possono ricevere visite nemmeno dai loro famigliari, figuriamoci da una figura esterna, qual è il musicoterapeuta! Però, con le dovute precauzioni (mascherine FFP2, guanti, pochi strumenti, tutti sterilizzati prima e dopo l’uso) non vedo perché non si potrebbe incontrare le persone anziane, a dovuta distanza, senza contatti fisici, naturalmente. Le sedute di musicoterapia in quest’atmosfera pesante, potrebbero essere per loro un piccolo raggio di sole…


Bene, vado ora a presentarvi Loredana Civita!

Loredana abita a Trieste, ma la sua vita l’ha portata ad abitare in diverse città italiane.


Lascio la “parola” a Loredana:


“Ho frequentato l’Istituto d’Arte di Trieste ed in seguito mi sono iscritta all’ I.S.I.A. (Istituto Superiore Industrie Artistiche) di Urbino dove ho ottenuto il diploma parauniversitario in grafica pubblicitaria. Ho lavorato poi in varie città italiane presso studi pubblicitari, collaborando con ditte famose. Costretta a cambiare città, ho trovato lavoro presso una casa di riposo come animatore ed essendo a digiuno di malattie dementigene ho ricominciato a studiare. Mi sono iscritta al corso di formazione Validation, un metodo studiato da Naomi Feil per sostenere le capacità mentali residue delle persone anziane disorientate, affinché recuperino dignità attraverso interventi sia individuali sia di gruppo. Contemporaneamente ho iniziato a frequentare il corso di formazione in musicoterapia presso l’A.R.T.E.M., il Flauto Magico di Udine, aderente alla CONFIAM (Confederazione Nazionale delle Associazioni di Musicoterapia) ed ho ottenuto il diploma. Anche negli anni successivi ho continuato a partecipare a diversi corsi di formazione che qui non elenco. Il contatto con i familiari dei malati Alzheimer mi hanno portata a frequentare i corsi del Gruppo ABC, tenuti dal prof. Pietro Vigorelli a Milano, diventando così un conduttore esperto nell’ aiutare i familiari nel percorso verso una felicità possibile della relazione, insegnando ad appropriarsi dell’uso della parola seguendo i Dodici Passi del Metodo Vigorelli. Ho continuato a frequentare anche gli altri corsi di formazione che Vigorelli divulga, come l’ApproccioCapacitante®, Responsabili e Coordinatori di RSA, CDI, Nuclei Alzheimer e di molti altri di aggiornamento e supervisione promossi e diffusi dal Gruppo Anchise – Associazione tra esperti – fondata su iniziativa del Professore nel 2005. Ho ottenuto in seguito il titolo di Laughter Yoga Leader (leader di Yoga della risata).

Oggi lavoro presso una casa di riposo di Santa Croce in provincia di Trieste come animatore specializzato nelle demenze del tipo Alzheimer e come musicoterapista.

Conduco inoltre a Muggia (TS) i Gruppi ABC in collaborazione con il Comune di Muggia e all’Associazione Goffredo De Banfield di Trieste che si sono impegnati nella realizzazione del progetto .

La città di Muggia ha ottenuto dalla Federazione Alzheimer Italia il riconoscimento internazionale di Dementia Friendly Community e perciò è la prima città “amica” in regione.



Loredana e i suoi gatti

Sara mi ha chiesto di scrivere che cosa ho provato durante il COVID e il LOCKDOWN all’interno della casa di riposo in cui lavoravo e nella quale ci sono rimasta fino alla fine di marzo. Poi, non essendo io una figura assistenziale ma trasversale, e quindi “non indispensabile”, sono rimasta a casa.

Io credo, e ne sono fortemente convinta, che tutti gli anziani avrebbero avuto bisogno di essere ascoltati. Avevano bisogno di condividere le loro paure e la loro solitudine mentre vivevano l’abbandono. A mio avviso i più fortunati sono stati coloro che hanno perso la cognizione del tempo e hanno potuto così sopravvivere nell’incoscienza del non capire il dramma.

Il 1° di marzo sono andata in pensione, avrei dovuto continuare il mio lavoro con la Partita IVA aperta da poco. Per varie contingenze non sono più ritornata alla casa di riposo dove ho lavorato per parecchi anni. Ora lavoro in un’altra Casa di Riposo dove il virus non si è affacciato e ho promesso l’esclusiva; ringrazio Rosa, la responsabile della casa di riposo con tutto il cuore, della grande disponibilità.



I nuclei in cui lavoravo erano tre: uno accoglieva persone malate di Alzheimer o con altre forme di demenza, l’altro ospitava persone con deficit psichico-fisici ed il terzo persone per lo più parzialmente autosufficienti.

Nel mese di marzo, periodo in cui l’accesso ai familiari è stato proibito e ignara dei risvolti successivi, ho cercato di sdrammatizzare cercando di coinvolgere le persone in un’ora di serenità per superare quella costante e non presenza che alcuni figli, mariti, mogli, nipoti, amici ecc. davano quotidianamente. Preferisco non sommare il dramma di chi non si è più potuto riabbracciare e si è “allontanato” in totale solitudine.

Per tre mesi sono rimasta completamente sola all’interno della mia casa inventandomi, progettando, studiando, leggendo, riguardando il mio lavoro e completamente sola.

I giorni erano scanditi dalle telefonate di mio figlio, mia madre novantatreenne, nipoti, parenti, amici e colleghi.

Né io, e neppure i miei colleghi che come me avevano dovuto rimanere a casa, sapevamo cosa stava accadendo nel nostro posto di lavoro: nessuno ci informava. Ci aggiornavamo tra noi. Ma il non sapere è davvero terribile e pensi a Nina, Valeria, Giacomo o Giuseppe..., coloro con i quali avevi un rapporto speciale e non sapevi se li avresti più rivisti. Nessuno ci informava e un pomeriggio ho così tanto pianto per chi non c’era più e per quelli che continuavano ad aspettare un volto amico nella tragedia, per nutrirsi di una diversità in una giornata fatta da incognite."

Grazie cara Loredana per la tua testimonianza che esprime sofferenza, affetto e vicinanza per le persone anziane con le quali hai scambiato una parte della tua vita in questo periodo così difficile. La cosa che mi ha più rattristato è stato il fatto che i parenti non avessero potuto stare vicini ai loro cari nel momento del trapasso. Credo che questa sia una ferita che sanguinerà ancora a lungo. Un’altra cosa che mi ha rattristata è il fatto che voi operatori esterni, nonostante abbiate passato molte ore con gli anziani, nonostante abbiate portato nella loro vita ore liete, delle pillole di felicità fuggente, non siate stati informati delle condizioni dei “vostri vecchietti” durante il lockdown.




Loredana è inoltre attiva nella scrittura. Nel 2018 un suo racconto, intitolato


“QUELLAMATTASTRAMPALATAFUORIDITESTA”


è stato pubblicato con altri racconti di donne, a cura del Comune di Trieste nell’ambito del Concorso Internazionale della scrittura femminile Città di Trieste 2018. La protagonista, Maria Costanza, una signora di 83 che vive in una casa di riposo per anziani, affetta della malattia di Alzheimer, viene descritta in modo poetico e amorevole da Loredana. Maria Costanza slitta con la mente nel suo passato di giovane donna che passava le giornate con amici e amiche, frequentava le piste da ballo, flirtava, gioiva della vita, ma poi, la voce dell’infermiera: “Maria Costanza bevi il caffè, forza!”, la fa ritornare bruscamente nel presente dove la gioia è ormai dimenticata e dove aspetta febbrilmente l’arrivo del figlio….

Ecco a voi il racconto di Loredana pubblicato nella raccolta "14° Concorso Internazionale di Scrittura Femminile Città di Trieste 2018:


"Quellamattastrampalatafuoriditesta"

“Maria Costanza ha ottantatré anni e vive nel suo mondo possibile nel quale ancora può conservare l’immagine positiva di sé. Le sono stati affibbiati aggettivi diversi, come: strampalata, bislacca, matta, confusa, strana, demente, anormale...In realtà le è stata diagnosticata la malattia di Alzheimer: una malattia che non trova rimedio. Brucia le cellule del cervello, fa fare cose insolite, abbassa la soglia inibitoria, favorisce l’aggressività, compromette la memoria, fa “vivere” nel passato. Può durare molti anni ed è il solo cervello ad esserne colpito. Esso si deteriora sempre più, fino a che il corpo è incapace di compiere qualsiasi semplice gesto e fare qualsiasi azione.


Tutta la famiglia ne soffre, mentre ti accompagna in questo devastante viaggio senza ritorno. La Pfizer, il colosso farmaceutico americano, ha abbandonato la ricerca su Alzheimer e Parkinson: scarsi e insoddisfacenti i risultati. Con ciò è svanita la speranza di molti familiari. Maria Costanza è una donna minuta, dall’apparenza fragile. Un tempo era energica, bella, piena di vita, dura e sensibile allo stesso tempo. Proviene da una famiglia numerosa, le cui origini appartengono a diverse culture: meridione, settentrione, Grecia, Ungheria, Austria, Jugoslavia.


Per anni ha vissuto per lavoro e studio in città diverse ed è perciò che è incapace di connotarsi un luogo di appartenenza. Tanto è vero che scherzosamente afferma di essere una bastarda che appartiene al mondo. La malattia l’ha portata a fare cose insolite ed il figlio, “la cosa più bella che ho”, come lei lo definisce, è stato costretto a ricoverarla in una casa di riposo protetta.


Qui poco si sa di Maria Costanza, è una come tutti: confusa, dai capelli bianchi, sdentata, un pochino gobba, alle volte irascibile, talvolta violenta o tenera, con la tendenza al wandering e ai movimenti afinalistici che la costringono a camminare instancabilmente e a compiere sempre gli stessi gesti involontari. Ora sembra serena e siede attorno ad un tavolo assieme ad altre persone come lei, davanti ad una tazza di caffè che non consuma, immersa in chissà quali pensieri. Le tende della finestra dai battenti aperti si muovono con armonia. Sembrano imitare il ritmo di una canzone che si sente in lontananza, mentre entrano ed escono svolazzando.


La sua testa oscilla, forse riconosce la canzone e in un attimo il suo presente diventa il suo passato e la tazza di caffè un bicchiere di vino. Le persone che la circondano hanno il volto di giovani ragazzi che attorno al tavolo dell’osteria cantano spensieratamente. Accanto a lei siede Lucia, nella quale riconosce Dolly, l’amica di un tempo. Le prende affettuosamente il braccio guardandola e le sussurra: “abbiamo fatto bene a venire”. Al gruppo si aggiungono due ragazzi. Uno dei due alza il bicchiere guardando dalla sua direzione per invitarla ad un brindisi e lei incredula si volta indietro per vedere a chi è diretto quel gesto. Non c’è nessuno. Allora si porta il dito al petto per indicare se stessa ed il ragazzo alza nuovamente il bicchiere. Lei prende il suo, lo alza, brinda e sorride. Tra lei e Nino nascerà l’amore. Nella sua mente si impongono poi le immagini lontane di un letto ad una singola piazza che li accoglie, una trapunta nera con piccole decorazioni floreali fatta da sua madre ed il profumo della felicità consumata per la prima volta. Poi, il sapore di uova e pancetta che all’osteria della Piazza delle Erbe mangiano guardandosi negli occhi.


Ad un tratto si sente scuotere: “insomma Maria Costanza bevi questo caffè….” lei non capisce, si sente confusa, non sa dov’è, con chi si trova e attorno a lei solo vecchi. C’è così tanta confusione… la televisione, la radio, un gran vociare, qualcuno grida mentre quella voce continua a pronunciarle frasi che non comprende. Ha paura, si guarda intorno cercando Dolly, mentre un cucchiaio di caffè le entra in bocca. La luce del giorno sta calando e le persone malate di Alzheimer sono più agitate e irritabili; momento questo definito “la sindrome dell’imbrunire”.


Nella sala si sparge odore di sugo e si aspetta la cena che arriverà alle 18.30. A Maria Costanza questo odore rammenta la vecchia stufa a legna, il sugo con le polpette ed il tegame di rame in cui la polenta cuoce lentamente. Nella casa che divide con Dolly aspetta con ansia gli amici e con maggior inquietudine Nino, che non vede da tanto tempo. Porta un nuovo taglio di capelli e più volte nel pomeriggio è corsa allo specchio per vedersi, fino a convincersi di essere carina. Qualcuno bussa ed ecco entrare Ivan, Mari, Adele… Che bello vederli! Ancora un vociare ed entra cantando Gigi con la chitarra e Pietro. Poi finalmente Nino, la persona più attesa. Si salutano con un abbraccio e “Oh!” esclama Ivan “a loro basta uno sguardo e senza parlare si sono detti tutto!”.


“Maria Costanza ti decidi a mangiare? Si sta raffreddando!” Nel suo piatto c’è della pasta al sugo…, ma dove sono finite le polpette? Gli amici? Nino? Si irrita e incolpa l’operatrice “ dove lo hai messo? cos’è questa schifezza? hai rubato anche i miei amici!”. L’operatrice vorrebbe calmarla ma Maria Costanza è davvero arrabbiata e con furia si alza e si allontana fermando poi ogni persona che incontra: “disgraziata, hai preso la roba mia, dov’è? Porca! Dove sono… dove sono…Nino! Ninoo! Ninooo… dove siete andati….” e continua pronunciando nomi che nessuno conosce. Poi si ferma, si porta le mani al volto e scoppia a piangere colpendosi le gambe ed il petto con i pugni: “cosa ho fatto di male? Dove siete? Dove sei?... Nino! Ninooo…”


Finalmente arriva l’infermiera che le somministra la terapia e da lì a poco Maria Costanza si tranquillizza. Da qualche giorno Maria Costanza non si alza dal letto, è molto debole. Sul suo comodino la fotografia di lei e della “cosa più bella che ho”. Lui, il figlio, ora e là. Le tiene la mano e tanti ricordi gli affiorano alla mente. Un tempo sua mamma era bella, portava bene la sua età, giovanile, disponibile, si dava da fare sempre per tutti e se poteva dava una mano anche a chi non conosceva.


Come quella sera d’estate quando Nereo si affacciò alla finestra del loro soggiorno che dava sulla strada principale del paese. La cosa più bella che ho e Maria Costanza stavano per mettersi a tavola. Nereo era ubriaco e Maria Costanza aveva saputo che la moglie era morta da poco. Lo conosceva appena e nonostante ciò gli disse con naturalezza: “Nereo, faccio sempre da mangiare in più di quello che serve. Venga, si unisca a noi se le piace il risotto di zucca”.


Fu quello uno dei tanti insegnamenti di vita che Maria Costanza trasmise al proprio figlio senza parlare. Aveva faticato a crescerlo da sola, lui non era figlio di Nino. Il loro amore durò poco più di un paio di anni, ma lei non lo dimenticò mai. Neppure Nino la dimenticò, ma si sa, la vita dà e la vita toglie. Come ogni mattina Fufi, la gatta della casa, va ad accovacciarsi sul letto di Maria Costanza. L’operatrice entra portando una tazza di caffè alla “cosa più bella che ho”, che per tutta la notte è rimasto a vegliare. L’operatrice vuole allontanare il gatto, ma la frase “a mia madre fa piacere che stia qui”, la induce a fermarsi.


L’odore che proviene dalla tazza dipinge nella mente di Maria Costanza un volto non più giovane, una storia per lei d’amore non corrisposto ma spensierata, ma anche un’altra storia particolarmente dura che sa di liquido nero e amaro, fatta d’immagini violente, che Maria Costanza non potrà mai più ricordare. L’orologio sul comodino segna le 07.04 del mattino.”


Inoltre Loredana è autrice di un libro, intitolato:

ATTIVITÀ DI ANIMAZIONE E INTERVENTI SONORO-MUSICALI IN CASA DI RIPOSO edito da Maggioli Editore

Ecco il link dove potrete avere più informazioni sul libro e la possibilità di acquistarlo:



E’ un libro che consiglio non solo a musicoterapeuti, ma a tutti gli operatori che si occupano di persone anziane. Loredana esprime un grande affetto per le persone anziane con le quali entra in contatto. Ci tiene al miglioramento della loro condizione di vita e attraverso attività di animazione e interventi sonoro-musicali riesce a donare loro nel grigiore delle giornate che passano sempre uguali l’una all’altra, uno sprazzo di fugace felicità!

E ora, prima di salutarci, qualche aforisma sulla malattia dell’Alzheimer e sulle persone anziane:

“I geni della malattia di Alzheimer sono più che altro dei consiglieri. Non impartiscono ordini: danno suggerimenti. E la ricerca indica che determinati cambiamenti nella dieta e nello stile di vita possono impedire a quei geni di esercitare il loro effetto negativo. Come semi secchi sparsi su una spianata desertica, restano semplicemente addormentati. Se nessuno li innaffia, non germoglieranno mai.” (Neal D.Barnard)

“Se non riesci a ricordare dove hai messo le chiavi, non pensare subito all'Alzheimer; inizia invece a preoccuparti se non riesci a ricordare a cosa servono le chiavi.” (Rita Levi Montalcini)


Un bambino ha tutta una vita davanti, un anziano l’eternità. (Mirko Badiale)


Se vuoi essere un uomo buono chiedi consiglio a tre uomini anziani. (Proverbi cinesi)


Le nonne e i nonni sono la nostra forza e la nostra saggezza. Che il Signore ci dia sempre anziani saggi! (Papa Francesco)


Un anziano che muore è una biblioteca che brucia. (Proverbio africano)


Il giovane cammina più veloce dell’anziano, ma è l’anziano che conosce la strada. (Proverbio africano)

Bene, cari miei! Nel ringraziare di nuovo Loredana per il suo prezioso contributo, auguro a tutti voi una splendida settimana di novembre! Un novembre che per ora ci sta regalando delle giornate assolate, da assaporare da mattina a sera!


Come sempre attendo vostri commenti, riflessioni, punti di vista diversi, confronti.....

 
 
 

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