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2° Lunedì del mese (agosto 2020) – Riflessioni sulla musicoterapia

Aggiornamento: 15 ago 2020

Quale musicoterapia dopo (?) il COVID 19?


Per quest’articolo debbo ringraziare i miei colleghi musicoterapeuti che hanno aderito alla mia richiesta di esporre i loro pensieri sulla musicoterapia dopo il lockdown. Alcuni di loro hanno preferito rimanere anonimi. Prima di farvi leggere le loro considerazioni, volevo esporre la mia esperienza di musicoterapia durante il lockdown e la ripresa dopo l’emergenza COVID 19.


L’ultima sessione di musicoterapia in presenza l’abbiamo avuta (le sessioni di musicoterapia le facevamo in due, secondo il Modello Benenzon: musicoterapeuta e comusicoterapeuta) in data 25 febbraio 2020, poi, con i gruppi che avevamo, non è stato più possibile lavorare in presenza. Si lavorava in vari ambiti: case di riposo, malattia mentale, disabilità cognitive. Le strutture non avevano i mezzi necessari per poter lavorare in rete, e nemmeno noi eravamo preparate per farlo – ci mancava la tecnologia necessaria, quindi abbiamo deciso di sospendere sino a data a destinarsi. Durante il lockdown ho preferito fermarmi e dedicarmi a me stessa e alla famiglia. Ho avuto due occasioni in cui ho proposto a due gruppi in what’s up un lavoro di ascolto delle musiche del cuore. I partecipanti potevano cantare o suonare la loro canzone del cuore e chi non se la sentiva, poteva postare la canzone originale presa da Youtube o altre piattaforme. E’ stato un lavoro piacevole per me e per i partecipanti. Sicuramente abbiamo una nuova tessera di mosaico per la nostra autoconoscenza. Poi ho salvato in una cartella tutti il percorso, le canzoni, i video, i commenti sulle canzoni ascoltate e li tengo nella memoria del computer. Mi dispiaceva cancellare, premendo un tasto del telefono, un percorso sulle musiche del cuore che è durato più giorni e ci ha emozionato tutti. Subito dopo il lockdown c’è stata una grande confusione nelle istituzioni dove dovevamo proseguire il lavoro. Tutti hanno preferito tenere chiuse le porte per non rischiare il contagio. Poi, mi è venuta l’idea di proporre gli incontri di musicoterapia all’aperto, dove fosse stato possibile, naturalmente a debita distanza, con disinfettante, mascherine e tutti gli ausili. Una delle strutture ha accettato e quindi il 25 giugno abbiamo ripreso gli incontri. Però siamo ancora in alto mare. Ho percepito molta paura specialmente nelle case di riposo, a ragione, dopo quello che era successo in Lombardia. Tuttora stiamo studiando come proseguire con i progetti che abbiamo ancora in piedi. Nella prima parte del percorso, prima del Covid 19, con gli anziani, abbiamo potuto constatare la loro gioia nel ricordare le canzoni della loro gioventù che li riportava a ritroso nel tempo e l’intenso rapporto umano che si era creato, mentre si cantavano insieme le loro canzoni del cuore, ricordando antichi amori e ormai lontane avventure. Vorremmo proseguire su questa linea, ma purtroppo, con le limitazioni causa pandemia, dovremo intraprendere nuovi percorsi di comunicazione per la musicoterapia. Dovremo pensare di entrare nelle case di riposo con la tecnologia (schermi giganti, computer, microfoni), poiché nulla lascia sperare che la situazione cambi entro breve tempo. Mi sono messa l’anima in pace e ho deciso che inizierò a studiare il da farsi dopo Ferragosto. Il fatto più bello della ripresa delle sedute di musicoterapia per me è stato il setting (=luogo in cui si fa la seduta di musicoterapia). Non più al chiuso, in salette anguste, o luoghi asettici, ma un bellissimo parco, sotto gli alberi, all’ombra, con l’erba sotto i piedi. Certo, i rischi ci sono, ma ne più ne meno che in un luogo chiuso! Ci sono più “interferenze”, se vogliamo: qualcuno che passa, osserva e se ne va, gli uccelli, il vento. Ma questi per me non sono interferenze! Fanno parte del setting. Nella prima seduta post emergenza Covid 19 ho notato molta paura nelle persone. Paura, che lentamente, di seduta in seduta diminuiva. Che dire….non è una situazione semplice. C’è una bella differenza nello stare in presenza oppure no. Certo, come scritto sopra alcuni lavori si possono fare anche attraverso uno schermo, ogni tanto. Non può diventare un’abitudine il fatto di fare le sedute di musicoterapia in remoto, poiché la relazione umana e l’uso degli strumenti sono parte fondamentale di una sessione di musicoterapia.


E ora cedo la parola ai colleghi.


Ecco la prima:

Mariangela Pacorig – Monfalcone (GO), musicoterapeuta che lavora nell’ambito della disabilità adulta


Musicoterapia ...perché vivere l'esperienza di musicoterapia dopo mesi di chiusura? Intorno a me sento ancora tanta paura, di questo virus e chi dice di non provarne, si mette nei panni di chi lo prova, cercando soluzioni per distanziarsi, per tutelare. E’ interessante questo, perché, mi pare di leggere comunque un sentimento di fragilità, di sospetto, di preoccupazione che è diventato dilagante. E allora come aiutarci veramente per andare oltre la paura e sostenerci nella nostra umanità fatta di fragilità e coraggio di apertura ma anche di chiusura di ascolto, di empatia, ma anche di diffidenza? La musica è un linguaggio che va oltre, ci tocca anche se non vogliamo, siamo noi stessi una orchestra, una sinfonia di suoni! Pensiamo al battito del cuore, ai suoni dei nostri sistemi sanguigno, linfatico, delle nostre viscere, e il tutto in armonia...incredibile...., e questo nostro sistema che si può armonizzare con tutti i suoni esterni che ritroviamo in natura. Il linguaggio musicale che nei millenni abbiamo codificato per permettere alla nostra mente di accogliere il senso di tutto ciò, dando significato, catalogando parole come ritmo, armonia, melodia. E’ ciò che può aiutarci per espanderci e andare oltre a noi stessi verso gli altri e verso l’ambiente. E’ un linguaggio che appartiene all’ uomo e al suo ambiente, madre terra. E quando la paura dilaga,non importa come iniziata, ritornare alla nostra essenzialità è come ritornare a un luogo sicuro dove gli elementi di apertura che ci portano alla fiducia, alla meraviglia, alla gratitudine e che sono in noi, possono esprimersi....Per questo, vivere esperienze di musicoterapia ci può aiutare ...entrare in noi stessi ritrovare quel luogo di centralità che si può esprimere attraverso i suoni e lasciarlo andare verso l'altro e ritrovare il nostro senso umano al di sopra delle paure.


La seconda:

(Anonima) musicoterapeuta che lavora nell’ambito della disabilità in regione Friuli Venezia Giulia


Musicoterapeuta: Buongiorno Sara, in questo momento non sto facendo musicoterapia, dopo il lockdown siamo ancora in fase ridotta di operatori e utenti....

Io: Ma tu come la vedi? Come immagini che si potrebbe fare?

Musicoterapeuta: Qui con gli utenti è impossibile mantenere le distanze e loro per stragrande maggioranza fanno fatica a tenere le mascherine. Si fanno lo stesso gran parte delle attività di laboratorio. Io, in rapporto 1 a 1 e senza che sia definita seduta musicoterapeutica, gioco con la voce con una ragazzina che è stata inserita da poco. Per uno studio di musicoterapia pretenderei sierologici e tamponi, lavoro individuale o gruppetto max di tre persone. Farei sedute di movimento dove il musicoteraputa possa "schivare " il paziente in un gioco armonico di movimento e suono. Potrei usare gli strumenti quando avrei la garanzia dei tamponi. Si potrebbe usare gli strumenti musicali solo se restassero nell’ ambiente dove si usano.

Io: Quindi tu faresti fare i tamponi a tutti i partecipanti della seduta di musicoterapia, musicoterapeuta in primis?

Musicoteraputa: Certo! Ripetuti ogni 15 giorni.

Io: Posso usare il tuo nome nel blog o preferisci rimanere anonima?

Musicoterapeuta: Meglio anonima.


La terza: Emanuela Manola Ritrovato – Milano

musicoterapeuta area neuropsichiatria infantile e psichiatria adulti, analista, laureata in filosofia, formatrice, docente di musicoterapia e supervisore


Posso dire che pur nelle difficoltà ho avuto la possibilità di sperimentare vie nuove sia nell'ambito della musicoterapia ricettiva che attiva, sorprendendomi io per prima. Questo per dire che ogni situazione ha in sé delle possibilità, che magari non percepiamo nell'immediato ma che ci sono. Naturalmente il lavoro in presenza ha un altro significato (e non valore),ma per esempio ho compreso che, laddove non sia possibile e non solo per il virus ma per altre mille ragioni, il lavoro da remoto può avere più di un senso. Ho sentito di esperienze con bambini autistici dove questi stessi bambini "paradossalmente " sono migliorati durante il confinamento. Quindi la conclusione di questo breve scritto è mai essere rigidi che tra l'altro male si accorda con la professione del terapeuta, essere disposti a conoscere nuovi strumenti, dubitare, continuare a ricercare.


La quarta: (anonimo) musicoterapeuta, formatrice, musicista


Da quello che vedo, un po’ tutti attendono settembre, ottobre per la ripartenza. Per ciò che riguarda il periodo del lockdown e del post lockdown, so che molti colleghi hanno intrapreso l’attività online. In certe situazioni ha funzionato e funziona proprio perché mantiene il contatto. Una collega mi ha riferito che con i bambini, con i quali c’erano stati dei problemi di contatto in presenza, online è stato più semplice e quindi hanno iniziato online e sono riusciti a riprenderli in presenza. Non so di preciso di quali problematiche ci fossero, in verità mi preoccupavo della privacy. Per quanto mi riguarda ho sempre lavorato in struttura, mentre il resto delle mie attività è completamente sospeso. Ho lavorato nella struttura con i residenti e facevo anche degli incontri individuali a domicilio. Devo dire che in alcuni casi ci sono stati degli sviluppi positivi, mentre in altri casi, dove la famiglia è ben presente, e anche troppo, ci sono stati degli ostacoli. In quei casi è meglio lavorare in presenza col setting. Direi che ci sono i pro e i contro. Ogni situazione va studiata attentamente e in più c’è il problema della mascherina. Lavorando con persone con cui ci conosciamo, non ho avuto problemi di lavorare con la mascherina, perché mi riconoscono attraverso la voce; tra l’altro si tratta di persone ipovedenti o cieche, quindi mi riconoscono dalla voce. Sentono che c’è un impedimento, ovvero la mascherina. Cantare con la mascherina alla lunga diventa pesante. Anche suonare con i guanti è difficile.


La quinta: Myriam Mingolla, musicoterapeuta e magister del modello Benenzon, laureata in scienze e tecniche psicologiche, diplomata in pianoforte e docente di musica (Taranto)


Salve, sono Myriam Mingolla, musicoterapeuta e magister del modello Benenzon, laureata in scienze e tecniche psicologiche, diplomata in pianoforte e docente di musica. Mi è stato chiesto cosa penso della musicoterapia in questo periodo di covid. Di seguito alcune mie riflessioni... Questo covid ha portato con sè svariati sconvolgimenti, ponendoci in un un'atteggiamento differente rispetto alla vita, alla morte, all'economia, ai rapporti e al lavoro. Chi svolge una libera professione ha potuto riscontrare non poche difficoltà, dovendosi imbattere in modalità che, fino a ieri, erano sconosciute! Fra queste professioni vi è proprio quella del musicoterapista e fra gli strumenti e le metodologie vi è il contatto online. Credo che se un musicoterapista potesse scegliere, prediligerebbe sempre la relazione in presenza, perché si sa che attraverso il digitale si perde gran parte della comunicazione. Però in questo periodo di stravolgimenti abbiamo avuto l'occasione di porci domande nuove, che prima rappresentavano un tabù. Abbiamo svariate possibilità di usare uno strumento a nostra disposizione, ad esempio: un coltello può essere utile per tagliare un laccio troppo stretto, affettare il pane, modellare il legno o ammazzare qualcuno. Così la tecnologia può essere gestita in molteplici modi. Credo che, quando vi è un' etica profonda, che parte dal cuore e dall'anima, sia inutile dividersi fra "conservatori" ed "innovativi". Se si lavora in coscienza, ponendosi intenti terapeutici validi e raggiungibili, si può fare del bene anche attraverso un pc. I dubbi che mi pongo sono ben altri , ad esempio: tutte le persone hanno accesso ad un pc, un tablet o uno smartphone? I centri sono attrezzati per interventi online? Noi musicoterapisti abbiamo sviluppato competenze e abilità necessarie per lavorare online? Quali sono gli obiettivi terapeutici raggiungibili online? Le persone che seguiamo con la musicoterapia hanno competenze digitali? Quanto e come interferiscono le difficoltà di connessione sul processo comunicativo? Va considerato, inoltre, un altro aspetto fondamentale: il contesto. Durante le sedute online non vi è più la riservatezza del setting. I confini sono ampliati e vi possono essere molteplici interferenze. Con questo non voglio negare al trattamento musicoterapico online la ragione d'esistere, pongo solo una piccola luce su quegli aspetti che reputo importanti. Tutti questi dubbi sono sorti durante la Didattica a distanza, fra la voglia di fare e le limitazioni. Sperimentandomi con gli alunni dai 5 ai 13 anni, ho sviluppato nuove competenze e lavorato su diversi obiettivi. Credo che le sedute di musicoterapia online rappresentino una novità, un ambito da scoprire, comprendere e contestualizzare. Il musicoterapeuta è un alchimista, che lavora per trasmutare il piombo in oro, questa occasione è perfetta per mettersi alla prova! Per farlo è necessario integrare ciò che ci manca, le competenze e le abilità ancora non sperimentate, che rappresentano la vera "distanza" fra noi e l'altro!


Nel ringraziare i miei colleghi musicoterapeuti che hanno arricchito con la loro testimonianza il mio blog, volevo comunicare che ci saranno altre testimonianze di "Musicoterapia dopo (?) il Covid 19" e quindi, man mano che riceverò le testimonianze dei colleghi, andrò ad integrare quest'articolo del blog. Siamo in agosto, e molti colleghi sono in vacanza! A presto!


Buon inizio di settimana a tutti!


Un aforisma sul Covid 19:


“Quando l'epidemia finirà, non è da escludere che ci sia chi non vorrà tornare alla sua vita precedente. Chi, potendo, lascerà un posto di lavoro che per anni lo ha soffocato e oppresso. Chi deciderà di abbandonare la famiglia, di dire addio al coniuge o al partner. Di mettere al mondo un figlio o di non volere figli. Di fare coming out. Ci sarà chi comincerà a credere in Dio e chi smetterà di credere in lui.” (David Grossman, scrittore)


p.s. attendo vostri commenti, riflessioni, idee.....




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